ROTUNDA MARIS E LA FAMIGLIA SANSEVERINO
Negli
anni 1406 e 1412 il Monastero del Sagittario ebbe nuovamente confermati i
propri possedimenti, compresa Rotunda Maris. Nella prima metà del Quattrocento,
la Difesa di Rotunda Maris rientrava nei possedimenti della Famiglia Del
Balzo-Orsini: ma, secondo alcuni, già nel 1431 la Regina Giovanna II la fece
restituire alla Famiglia Sanseverino. L'abbandono proseguì nel periodo
aragonese (1442-1504): durante il quale, nella numerazione focatica del 1443,
non si ha menzione del borgo di Rotunda Maris, Intrisaglia (Trisaia) e di altri
centri minori ubicati nella Valle del Sinni. In quel periodo, - mentre nel
dialetto corrente era detto Ritunna e Ritunnari i suoi abitanti, - il centro
abitato era già citato nei documenti ufficiali con l'appellativo di Rotundula,
piccola Rotunda (dal quale derivò il moderno Rotondella), per distinguerlo da
un altro più grande dall'omonimo nome. Nel 1463, il Feudo di Rotundellae fu
concesso da Ferdinando I d'Aragona a Giovanna Sanseverino e ai suoi
discendenti. Così che, all'inizio del Cinquecento, degli antichi abitati di
Rotunda Maris e Trisaia non rimaneva poco più che il nome. A quel tempo la
Difesa di Rotondella era in possesso del Conte Antonio De Guevara di Potenza,
che ne subiva la relativa tassazione.
Circa l'anno 1506, Roberto Sanseverino fu reintegrato nel possesso di tutte le
sue terre e quindi riottenne anche la proprietà dei feudi di "Trisaya,
Caramola e Rotunna". Poco più tardi, per volere del Principe di Salerno,
Ferrante Sanseverino, a difesa dell'ampio territorio si costruì sulla collina
un edificio fortificato, un castrum o fortellitium, come viene denominato nelle
prime carte fiscali. (Di questo fortificazione oggi rimane solo la cosiddetta
torre del carcere, in quanto il resto dell'originaria costruzione è stato col
tempo abbattuto e ricostruito nuovamente nei primi anni del Novecento.)
Infatti, anche in un atto pubblico datato 21 marzo 1515 riguardante
l'istituzione di un sistema fortificato nel territorio di Bollita (odierna
Nuova Siri), Rotunda è citata espressamente come una Difesa. La storia della
effettiva riedificazione di Rotunda Maris vede il suo inizio ufficiale nel
1518, come testimoniano un documento di don Francesco Antonio Stigliano ed il
libro Della Calabria illustrata del monaco Fiore. E' interessante notare che
mentre il Barrio usa l'appellativo di Rotundula vicus, quasi a sottolineare la
nuova pacifica identità urbanistica (De antiquitate et situ Calabriae, V, 1a
ed. 1571), più tardi Marcantonio Morra cita il paese ancora come Castrum
Rotundellae, quindi essenzialmente come luogo fortificato o castello (Familiae
nobilissimae de Morra historia, ed. 1629), benchè a quel tempo l'economia
locale fosse basata essenzialmente sull'attività della pastorizia, legata al
movimento annuale della transumanza. I censimenti fuocatici conosciuti nei
quali è presente Rotondella ricominciarono nel 1524 (dove è citata come
"Rotunda noviter reperta"), per proseguire nel 1532, 1536, 1545,
1561, 1595, 1648, 1669, 1732. Nel 1538 Rotunda - costituita dal castrum e da un
nucleo di case - fu venduta per cinquemila ducati al nobile napoletano Astorgio
Agnese, il quale si adoperò subito a promuovere la sua crescita favorendo
attorno a questo fortilizio l'insediamento di altri abitanti, attirati dalla
speranza di una vita migliore mediante le concessioni per ottenere del terreno
godendo di facilitazioni, per costruire o estrarre materiale, e di anticipi
sulle sementi. Il nuovo paese, costituito dal palazzo baronale edificato
probabilmente fra il 1510 e il 1520 sul castrum (dove oggi ha sede la Banca
Popolare del Materano) e da un insieme di casette vicino alla piccola Chiesa
della Concezione e lungo la Via Umberto e la Via della Concezione, crebbe tanto
da suscitare l'interesse del fisco.
ROTONDELLA E L'ASSEDIO DEI TURCHI
Poiché,
però, risultò evidente che non era applicabile la legge secondo la quale si
doveva domandare la regia autorizzazione per popolare feudi disabitati, la
Famiglia Agnese potè conservare legittimamente la terra, che però dovette
essere sottoposta al conteggio dei focolari e alla relativa tassazione. Anche i
due feudi rustici di Caramola e di Trisaia dipendenti da Rotondella, poi
riuniti in un unico feudo, ricominciano ad essere abitati: il villaggio di S.
Lucia sorse sulle rovine di Trisaia, quello di S. Laura sorse sulle rovine del
vecchio monastero basiliano e la Masseria di S. Sofia si installò attorno
all'antica omonima Cappella. Nel 1555, il feudo di Trisaia e Caramola fu
concesso come Difesa da Filippo II ad Andrea Doria, dopo essere stato
sequestrato a Ferrante Sanseverino. Nel 1572, il Principe Doria lo vendette ad
un certo Gaelazzo Pinelli, ma fu poi riacquistato ad un'asta fiscale da Donna
Zenobia Doria. Intanto, nel 1556 o 1558, Rotondella aveva anche subito per
dieci giorni l'assedio dei Turchi, fino a quando non fu liberata
dall'intervento delle galere veneziane.
Nonostante le rinnovate condizioni di vita, ancora nel 1568 comunque nella
regione non si registravano veri e propri centri abitati, ma piuttosto insediamenti
fortificati più o meno consistenti. Tra la fine del Cinquecento e l'inizio del
Seicento il numero degli abitanti di Rotondella finalmente diventò
soddisfacente. Per questo motivo, nel 1580 venne innalzata la nuova Chiesa
Parrocchiale di S. Maria delle Grazie (allora di dimensioni ridotte rispetto
alla forma attuale), che fu aperta al culto nel 1587. E' significativo per la
storia degli insediamenti del territorio che, in un istrumento datato 28
settembre 1581, sia notato che la grancia (grande masseria) di Santa Sofia nel
territorio di Rotondella versava una piccola rendita al Monastero di Carbone.
Il paese era infatti cresciuto, nonostante la grave crisi agraria che aveva
colpito il Regno di Napoli dal 1590 in poi; ciò lo si può evincere dalle stime
ufficiali dei fuochi, che risultano però sempre sottostimate a causa della
scarsa estensione del territorio di Rotondella.
Verso
la fine del secolo, i Turchi invasero nuovamente la regione, compresa
Rotondella, e portarono via circa duecento prigionieri dei quali non si ebbero
più notizie. L'Università (o "Comune") di Rotondella nacque nel 1604
e giuridicamente diventò proprietaria dell'area dell'antica Difesa, benché i
Baroni Agnese potessero continuare ad esigere dei crediti su tale loro vecchio
possedimento. Un cospicuo incremento della popolazione avvenne ai primi del
Seicento, quando gli abitanti di Bollita si trasferiscono in massa a Rotondella
dove non vi era più malaria, e continuò nonostante i periodi di crisi del
1635-41 e del 1657-58. Intanto, benché stesse diventando fonte di non pochi
redditi, nel 1628 Astorgio Agnese vendette il territorio di Rotondella ad
Eligio Carafa. Al 1642 risale l'inizio della costruzione del Casale di S. Maria
del Lauro, che sembra in origine essere stata destinata alle persone di origine
albanese: fino a quando, col crescere della popolazione, negli abitanti di
Rotondella non crebbe il bisogno di terre da coltivare, soprattutto a cotone.
Appare invece improbabile il trasferimento altrove di quanti abitavano il Casale
- più tardi comunemente chiamato S. Laura a Rotondella -, che venne infatti
abbandonato perché la popolazione albanese aveva trovato grandi difficoltà ad
ambientarsi in quei luoghi dove la gente si mostrava ostile e la malaria dai
luoghi più bassi tendeva a risalire verso il Casale. Per mantenere un voto, un
altro Astorgio Agnese - persona di insigne pietà che contribuì a fondare il
Monte della Misericordia di Napoli, soccorse le popolazioni delle due Calabrie
in occasione del terremoto del 1638 e si adoperò affinché a Napoli fosse
istituito il Ritiro di S. Nicola per le fanciulle indigenti - a Rotondella, sul
luogo di una preesistente Cappella di S. Carlo, fece erigere il Monastero
francescano dedicato a S. Antonio da Padova: la cui costruzione, iniziata nel
1650, terminò nel 1661.
IL PICCOLO STATO DEL CALA’
E'
sua opera l'attuale Palazzo Rondinelli con ingresso da Via Roma, sul cui
portale ancora oggi è lo stemma della Famiglia Agnese, del tutto simile a
quello presente nella chiesa del Convento dove è riportato insieme allo stemma
della Famiglia Piscitelli, alla quale apparteneva la moglie Claudia. Astorgio e
Claudia, però, dimorando stabilmente a Napoli, abitarono poco il palazzo che
avevano fatto costruire in Rotondella, pur adoperandosi molto in attività
civili e religiose a favore del paese. Nel 1661 o 1663 Giovambattista
Carafa, Duca di Jerzi, vende il Feudo di Rotondella (ricevuto in eredità
dal padre nel 1638) al Barone Don Girolamo Calà dei Lanzina y Ulloa, che
si costruì una specie di stato unendo i feudi di Favara, Nocara e Roseto e
mantenne un atteggiamento oppressivo riguardo tutti i suoi possedimenti: tanto
da far ipotizzare che, nella seconda metà del Seicento, molti cittadini
abbandonassero Nocata e Bollita per sfuggire alla sua tirannia che li aveva
privati di privilegi precedentemente avuti in concessione.
Questa
proprietà fu riconfermata con atto del 22 febbraio 1680. Il centro
amministrativo del piccolo stato del Calà era Rotondella, i cui abitanti, forti
dell'orgoglio di questo primato, tollerarono con maggior pazienza
l'aggressione: anche per il bene che ne veniva, non tanto alla massa del
popolo, quanto ai pochi elementi intraprendenti più o meno agiati. Anche ai
rotondellesi, però, furono imposte le norme dell'oltreuso e l'extraterritorio,
che imponeva una doppia prestazione: il colono spendeva la fatica sua e dei
suoi familiari per avere il profitto solo di metà del terraggio, sul quale poi
pesava anche ciò che doveva pagare per il pascolo dei buoi aratori.
Già
dalla prima metà del Seicento, per volontà dei Doria, nuove attività erano
state intraprese da coloro che abitavano il Casale di S. Laura, ai quali andava
il merito di aver dissodato i terreni limitrofi e di aver messo a colture le
terre. Dal 1680 la popolazione cominciò a crescere in numero considerevole e
l'aumento è documentato dal numero dei battesimi: si passa dai 32,5 del periodo
1680-85 ai 49 del 1705-14, ai 53,3 del 1715-24, ai 78 del 1725-29, fino ai 97,4
del 1728-48. Al crescere della popolazione si accompagnò l'ampliarsi dei
confini del paese: "se da un lato non va oltre S. Rocco, dall'altro, sulla
via del Sannale, si avvia a raggiungere il Convento e la contrada detta Ciascone
(non Piscone) e, verso il basso, il Purgatorio" (Montesano 1997, p.
82).
Comunque,
ormai il territorio di Rotondella non bastava più ad una popolazione il cui
mezzo di sostentamento erano l'agricoltura ed una piccola industria familiare
del cotone: si cercò, per questo, di seminare al di fuori del proprio
territorio e si "conquistarono" terre in Trisaia, Policoro e
Bollita, alle cui fonti si poteva anche attingere acqua. Rotondella è infatti
priva di acque sorgive. L'unico pozzo, ai piedi della collina, è quello di
Mercurio, che offriva acqua buona soltanto in alcuni periodi dell'anno. Sul
finire del secolo, la Baronessa di Santa Laura (appartenente alla Famiglia
Doria), considerato il promettente florido sviluppo delle terre di Trisaia
e Caramola, pensò di formare ivi un nuovo centro abitato
("Casalnuovo" o "Casale Nuovo") facendo scendere a valle
gli abitanti di Rotondella. Ma, gli stessi abitanti di Trisaia
preferirono salire a Rotondella e l'iniziativa non andò a buon fine. Anche nel
Settecento sul territorio prevalse l'attività agricola, derivata dal possesso
della terra, presenza stanziale compresa. Ne conseguirono la privatizzazione
delle terre e la nascita delle aziende agricolo-borghese e contadine: fenomeni
che porteranno, nella seconda metà del secolo, alla lotta per il potere locale
cittadino.